Chiesa della Santissima Trinità

Ricca di bellezze sensazionali

La seconda chiesa per maestosità e importanza dopo il duomo.

La chiesa della SS. Trinità è la seconda chiesa per maestosità e importanza dopo il duomo principale.

Al posto dell’attuale chiesa era posta anticamente una cappella dedicata a S. Vincenzo con annesso un piccolo ospizio ad uso dei frati agostiniani dell’eremo della Trinità.

Nel 1682 nella area demolita venne poggiata la prima pietra per la costruzione della nuova chiesa dedicata alla Santissima Vergine della Trinità ad opera di padre Giovanni Longarelli. I lavori vennero ultimati però solamente nel 1709 ad opera di un sorianese Padre Vincenzo Nobili. Sembra però che l’edificio fosse mal costruito generando preoccupazione per la sua stabilità, così il 20 ottobre del 1765 vennero poste le fondamenta dell’attuale chiesa. I lavori riguardarono l’intero tempio fatta eccezione del campanile che rimase lo stesso già esistente. Nel 1776 la nuova chiesa, più vasta e bella, fu aperta al pubblico e il 16 novembre del 1818 venne consacrata. L’opera è il risultato di un lavoro eseguito magnificamente dall’architetto e costruttore Nicola Fagioli allievo del Vanvitelli il noto pittore e architetto italiano che progetto la Reggia di Caserta

Oggi la chiesa si mostra imponente in tutta la sua bellezza, una facciata in muratura ricoperta da intonaco a due ordini (dorico nella parte inferiore e ionico nella parte superiore), due volute laterali e timpano. Un alto portone in legno rifinito in pietra consente l’accesso alla chiesa, una pianta a croce latina con un’unica grande navata adornata da cappelle laterali, stucchi, ricche decorazioni e una grande cupola. Possono essere notati fin da subito i quattro confessionali artigianali del 1700 intagliati e intarsiati dallo stesso Nicola Fagioli.

Tra le sezioni più belle ed emozionanti c’è senza dubbio l’altare maggiore. Un’altissima volta adornata da stucchi e lampadari apre lo sguardo verso la parete di fondo. Due colonne ioniche ricche di stucchi e festoni scolpiti racchiudono in una cornice la tela del 1700 raffigurante la SS. Trinità. Nella parte superiore al dipinto, stucchi e angeli in bassorilievo circondano l’occhio del creatore. Nelle nicchie laterali sono inserite le statue in stucco del 1700 di S. Guglielmo d’Aquitania e di S. Giovanni da Facondo.
L’altare, in marmo variopinto, riprende lo stile dei due altari laterali in cui compaiono a destra il dipinto della Visione di S. Nicola da Tolentino di Stern Ludovico e a sinistra la raffigurazione della vestizione monacale di una Santa Agostiniana. In entrambi i lati possono essere ammirati i reliquiari a busto in legno dorato scolpito di origine seicentesca.

Nel presbiterio troviamo anche uno tra i dipinti più significativa in cui viene venerata l’immagine della Madonna della Santissima Trinità. Questa pia raffigurazione, dipinta su una tavola di cm 113 x 73, fu donata dal Cardinale Egidio da Viterbo nel 1516 al convento della santissima trinità di Soriano. Rappresenta la Vergine seduta su un trono che sorregge sul ginocchio sinistro il Santo Bambino che spiega con la mano sinistra una cartella in cui sono scritte le lettere del vangelo si S. Luca “vocabitur nomen eius jesus”. In corrispondenza alle estremità superiori due angioletti si liberano nel cielo dorato della cornice. La parte opposta dell’altare presenta una bella cantoria e un grande organo provenienti da un’opera artigianale del 1700.

Prospettive e colori che rapiscono lo sguardo

Basta alzare lo sguardo al cielo per immergersi in uno dei più sensazionali dipinti presenti nella chiesa. Il meraviglioso affresco del 1700, opera del pittore polacco Taddeo Kuntze, raffigura l’apoteosi di Sant’Agostino. Nella parte più alta è raffigurato il Padre Eterno circondato da una beatitudine di angeli. Al centro, poste ai piedi della croce, appaiono due donne vestite di bianco che simboleggiano una il sapere (disegnata con un libro aperto in cui si diffonde la luce dello Spirito Santo) e l’altra la fede (raffigurata mentre porta in alto il calice dell’Eucarestia). Più in basso Sant’Agostino in panni vescovile è intento a condannare i tre eretici Manete, Donato e Pelagio distesi su una scalinata. Un affresco in cui la perfezione delle figure e della prospettiva, condita con l’armoniosa e sapiente gestione dei colori, rapisce e cattura lo sguardo.

Spesa finanziata dalla Regione Lazio Determinazione n. G04816 del 09/05/2016 e s.m.i.
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